Le auto che hanno fatto la storia: Jaguar XK120
Londra, 1948. La guerra è appena finita e la città cerca di ritornare alla normalità dopo la devastazione bellica. Le Olimpiadi, tenutesi allo stadio di Wembley, hanno visto il trionfo di “Fanny” Blankers-Koen, la “Mamma volante”, vincitrice di 4 medaglie d’oro nell’atletica. Se Londra cerca di tornare alla normalità, anche la Jaguar cerca di fare altrettanto. Non sappiamo se è proprio all’atleta olandese che la Jaguar si è ispirata, ma di certo non è un caso che la casa decise di rilanciare il proprio marchio producendo una vettura che per un periodo sarebbe diventata l’auto più veloce al mondo, la Jaguar XK120. Presentata al salone dell’automobile di Londra in versione roadster come prototipo sperimentale, il nuovo modello della casa inglese riscosse unanimi consensi dalla critica tanto che il patron di Jaguar, Williams Lyons, decise di produrla per il grande pubblico. Nacque così la Jaguar XK120, prodotta in dodicimila esemplari fino al 1954 e in grado di competere nelle maggiori competizioni internazionali comela 24 Ore di Le Mans, la Targa Florio, la Mille Miglia e la NASCAR. L’animo della Jaguar XK120, inizialmente prodotta in soli 242 esemplari nella sola variante roadster a due posti (nota anche come OTS: Open Two Seater), riprendeva il carattere sportivo della Jaguar SS100, automobile prodotta fino al 1940. Era una macchina decapottabile dotata di un motore XK6 che poteva portare la vettura ad una velocità massima di 120 mph (193 km/h), ma senza parabrezza anteriore poteva raggiungere addirittura una velocità superiore, toccando il massimo per quell’epoca. Il modello roadster aveva una carrozzeria in alluminio, con telaio a longheroni e traverse in legno di frassino che riprendeva quella della berlina Mark V. Da questo modello, la Jaguar XK120 ereditò pure le sospensioni anteriori a ruote indipendenti con quadrilateri deformabili, mentre quelle posteriori avevano l’assale rigido con balestre semiellittica a foglia. Dal 1950 iniziò la produzione in serie ma, per cercare di contenere i costi, Jaguar decise di passare alla produzione della carrozzeria in acciaio, tenendo solamente portiere e cofano anteriore e posteriore in alluminio. Il cuore pulsante dell’auto rimaneva il motore da 6 cilindri in linea bialbero da 3,4 litri che erogava 160 CV di potenza ed era all’avanguardia per l’epoca. Particolari non sempre apprezzabili ma ricercati, erano lo sterzo a circolazione di sfere con piantone a regolazione telescopica, le finiture di pregio tipiche del marchio come il cruscotto in radica e gli interni curatissimi ed i freni a tamburo Alfin con alette in alluminio su tutte e quattro le ruote. Questi freni però, in caso di eccessiva usura (soprattutto in pista), perdevano temporaneamente efficacia e di conseguenza non fornivano buone prestazioni. A partire dal 1951 furono prodotti altri...
Le auto che hanno fatto la storia: Ferrari 250 GT “Tour de France”
Il Tour de France era una corsa di cinque giorni su un percorso di 5383 km nelle strade francesi, la cui prima edizione risale al 1899. Questa competizione vedeva fronteggiarsi i migliori piloti alla guida delle migliori vetture e metteva a dura prova sia la resistenza che la versatilità dei veicoli, in un percorso faticoso che a volte meno del 30% dei partecipanti riusciva a completare. Quando la Ferrari 250 GT guidata da Alfonso de Portago/Edmont Nelson vinse il Tour de France nel 1956, gli appassionati decisero di caratterizzare il nome della vettura del cavallino rampante con il nome di Ferrari 250 GT “Tour de France” e fu così che l’appellativo “Tour de France” finì per identificare le Ferrari berlinetta prodotte dal 1956 al 1959, in 45 esemplari e cinque serie. Il prototipo di quello che sarebbe diventato uno dei pilastri del fascino Ferrari era stato prodotto nel 1954: una serie di meravigliose coupé da competizione con la carrozzeria realizzata su misura da Pininfarina. Ma rispetto a questa precedente Ferrari 250, la “Tour de France” del 1956 aveva un telaio tubolare più forte, con sospensioni e bracci trasversali, molle elicoidali e ammortizzatori al posto delle classiche balestre ellittiche. Anche il motore aveva subito modifiche, a causa delle restrizioni imposte dopo il grave incidente del 1955 a Le Mans. Nel tentativo di ridurre gli incidenti ad alta velocità, infatti, venne deciso che il motore dei veicoli da corsa poteva essere massimo da tre litri, ma nonostante questo, il motore V12 della Ferrari 250 GT Berlinetta disegnato da Gioacchino Colombo, il più piccolo dei due costruiti dalla Ferrari, era comunque in grado di supportare 240 CV e 7000 giri/min e raggiungere una velocità massima di 240 km/h a seconda dei rapporti. Grazie alle dimensioni ridotte del motore, che aveva un singolo albero a camme in testa per bancata di cilindri, il telaio tubolare poteva avere un passo di 2600 mm. Un’altra sigla non ufficiale, infatti, con la quale la Ferrari 250 GT è conosciuta tra gli appassionati è LWB (Long Wheel Base), introdotta quando un telaio più corto, di 2400 mm, sostituì il classico Tipo 508 nel 1959, dando vita ai modelli SWB (Short Wheel Base). Il propulsore della Ferrari “Tour de France” originale era abbinato ad un cambio a quattro marce completamente sincronizzato, che poteva presentare una leva di comando o centrale o decentrata. Sulle versioni a partire dal 1958 venne, invece, installato un cambio migliorato, provvisto di comando centrale. Il moto è trasmesso da un albero al ponte rigido posteriore, disponibile con diversi rapporti. La vettura condivideva con le 250 GT “Boano” e “Ellena” le parti meccaniche come sospensioni, freni...